ROMA Animali imbalsamati e decapitati; lo scheletro
di un serpente che si snoda lungo il soffitto del museo: l´artista cinese Huang
Yong Ping ha scelto un impatto spettacolare e destabilizzante per la sua prima
mostra in Italia. Installazioni monumentali sfidano i linguaggi
tradizionali dell´arte per dar voce a tensioni, utopie e aspettative dell´uomo
contemporaneo, ma demitizzandoli e deridendoli. Il titolo dell´esposizione, "Bâton
Serpent", fa riferimento a un passo dell´Esodo presente nel Vecchio Testamento
che racconta il miracolo della trasformazione di un bastone in serpente. È dunque
chiaro come l´artista abbia voluto imprimere al suo progetto una forte valenza
sacrale ed escatologica. Difatti, tutta la mostra è concepita come una sorta di
"esodo", una fuga e un trasferimento del sapere e del potere, alla stregua di
un processo liberatorio ed emancipatore, che parte dal pensiero contemporaneo
per approdare a un luogo concettuale unico, dove proporre valori sociali e
culturali alternativi.
È un´esposizione forte, volta a enfatizzare la
posizione cruciale svolta dallo scetticismo, con cui l´artista intende sovvertire
il predominio del razionalismo antropocentrico dell´umanità, ormai distante
dalle proprie origini.
"Bâton Serpent" raffigura un incrocio culturale, in
cui molteplici nodi tematici e iconografici vengono analizzati dall´artista:
gli effetti della globalizzazione, le migrazioni, i patteggiamenti culturali, il
neo-colonialismo, i conflitti religiosi, le trasformazioni economiche, i
fondamentalismi politici. Attraverso una dialettica complessa e un´analisi della
situazione geopolitica attuale, l´artista ha narrato l´intreccio di dinamiche
storiche, culturali e politiche contemporanee, proponendo al contempo un
dialogo tra di esse.
Spettacolarizzando il portato visionario delle opere,
la mostra comincia dalla Piazza Alighiero Boetti antistante il museo con
"Construction Site" (2007), che riproduce un grande minareto in alluminio,
reclinato su una struttura d´acciaio e circondato da una barriera di stoffa.
L´opera, lunga circa 12 metri, evoca uno stato di passaggio tra la messa in
opera e lo smontaggio. La scelta di rendere solo parzialmente visibile il
minareto suggerisce una riflessione sull´accessibilità dei luoghi sacri. Il
minareto riflette sul tema della religione come unico strumento per raggiungere
una comprensione "alta" e universale della vita, configurandosi inoltre come
una satira di alcuni preconcetti occidentali sulla natura inevitabilmente minacciosa
dell´Islam.
La mostra prosegue poi all´interno del museo con "Hei
Hei Sina Sina", un strumento da preghiera tibetano realizzato in dimensioni
enormi, composto da un cilindro in movimento su un tronco di legno. L´oggetto
introduce la percezione di un pericolo imminente, dato dal forte movimento del
cilindro e dell´oggetto che da esso pende. Il lavoro evoca il dialogo, a volte
intimidatorio, tra religione e politica, ponendo in confronto la sfera sacra
con la violenza, in un momento storico in cui la questione religiosa è presente
in molti conflitti mondiali.
"Chefs" (2012) propone invece una decina di teste di
animale imbalsamate (un cinghiale, un cavallo, un cervo, un topo, per citarne
alcuni), disposte dalla più grande alla più piccola su un´asta di metallo
appuntita, che termina colpendo un drappo rosso, quinta scenica alla violenza
implicita del lavoro. L´istallazione che tocca lo spettatore come un pugno
nello stomaco pone in questione il vivere insieme degli esseri viventi
secondo regole prestabilite e le modalità di controllo e prevaricazione.
La mostra prosegue con "Bugarach" (2012), riferimento
a una delle cime dei Pirenei francesi, per lungo tempo ritenuta l´unico luogo
dove poter sfuggire alla distruzione del mondo predetta dai Maya. Huang Yong
Ping ha stravolto lo spazio del museo collocando una montagna di cemento sul
pavimento, attorno alla quale ha posizionato numerose specie di animali, prive
di testa, a evocare scene apocalittiche. Le teste degli animali, con lo sguardo
rivolto al cielo, sono invece presenti su un piatto bianco inserito nella
montagna di cemento, sormontate da un elicottero in miniatura, metafore della
complessa convivenza tra religione, folklore, potere politico e invincibilità
della natura.
Con le sue lunghe vertebre in alluminio vi è infine "Bâton
Serpent" (2014), che dà il nome alla mostra: lo scheletro di un serpente che si
estende sinuosamente dal soffitto al pavimento, collegando idealmente il cielo
alla terra. Il serpente o drago è una figura centrale della mitologia cinese
fin dai tempi antichi: tradizionalmente associato all´acqua, alla conoscenza e
alla saggezza, talvolta è anche simbolo di paura, creazione, desiderio, inganno
o buona fortuna. Figura chiave in molte culture, testimonia l´interesse
dell´artista a innescare un confronto e uno scambio tra società e religioni
differenti.
Potrebbe risultare facile sebbene riduttivo
ricondurre il senso del lavoro di Huang Yong Ping alla mera ricerca
dell´effetto scenografico. Difatti, si avverte presto che nelle installazioni
gigantesche e nei macabri cadaveri di animali si concentra, in realtà,
un´attenta analisi del mondo contemporaneo, della società e delle sue
contraddizioni, attinente alla volontà di generare riflessioni sull´identità
dell´uomo e del mondo.
MAXXI Museo
nazionale delle Arti del XXI secolo
Via Guido Reni, 4/A 00196 Roma
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